Questo racconto era stato preparato circa un mese fa; poi, per scaramanzia, non era stato pubblicato. Adesso che è ufficiale la notizia dell’iscrizione al campionato di serie B della Pallacanestro Palestrina 00222, possiamo accontentare i numerosissimi tifosi che ci avevano chiesto di leggere il racconto: “Gli ultimi giorni di Pompei”
Pompei 79 d.c.: è passato ormai un decennio dall’arrivo del console Caius Cilìus circondato da Tizius Sempronius, Optimus praenestinus e dai Senatores semper verdis. L’adesione di tanti nuovi soci all’esercito arancius verdus, l’impegno intenso di molti, hanno portato le sorti della società sportiva, presa sulla soglia del baratro della retrocessiones in C II, in pocus tempus a veleggiare nel mare della A dilettantibus. Si sono rinverdite così le gesta, e l’epopea, della seconda serie, raggiunta agli albori societari. Fin dai primi anni del regno di Caius Cilius qualche pezzo della compagine si era però perso per strada, sugli altari di battaglie contro procuratores ed allenatores; ma ciò non impedì, alla squadra dei gladiatores di punta della società, di raggiungere quei traguardi ambiziosi prefissati dal nuovo console. Quasi due lustri di soddisfazioni, anni ricchi di campioni che si arrampicarono fin sopra i canestri per tagliare la fatidica retina. Il Muro dell’oblìo, che per un decennio aveva bloccato la passione della città, fu abbattuto in una sola stagione. La gloriosa società dai campetti di provincia, dove era stata relegata, tornò a competere con le legioni delle più importanti regioni italiche. Vittorie condite però anche da qualche delusione con la retrocessione patita ad Hatria o nelle lontane terre lombarde, quando Polidorus non centrò la conquista della agognata coppa italica contro i barbari jesolani. Il riscatto dell’orgoglioso popolus praenestinus arrivò presto grazie al coraggio del console e dei suoi fidi. Affidato a Flavius Magnus, già conquistatore del Cristo Rex Romanorum, la guida dei gladiatori feriti nella battaglia di Mediolanum ecco giungere la vittoria finale e la riconquista, per il popolus praenestinus, della serie A perduta l’anno precedente.
Momenti esaltanti che portarono ben presto al bisogno di costruire un arco di trionfo. L’apoteosi arrivò con l’inaugurazione del nuovo anfiteatro tanto atteso e che tanto costò in termini economici e di risorse umane ai baskettari praenestini. Arrivarono nuovi gladiatori nella arena trasformata in parquet. La massima espressione della categoria dal Mar Adriaticus, dalla colonia di Riminus. Scontri titanici contro Ferentinum ed esaltanti finali under21 organizzate al nuovo Palatium. Ma se le favole hanno sempre il lieto fine, le storie umane spesso nascondono insidie e delusioni. Fu così che la Dea Politica portò via il console dalla arena anche spaventato dalla cattiva gestione della finanza da parte del suo pro console nella res pubblica. Furono tempi travagliati, di sponsor mancati e di buchi prima celati e poi tappati. Imperatori che dall’alto della loro federazione imposero nuovi pesanti gabelli e scacciarono dal senatus popolusque A dilettantibus la maggior parte dei piccoli regnanti con le loro piccole squadre di legionari. Per Praeneste, finiti i tempi dei mercenari arrivarono convincenti apprezzamenti per i giovani gladiatori usciti dalla locale scuola di battaglia. Ma i nuovi barbari, che cercavano di cambiare le regole dell’impero del basket italico, e la crisi economica, che aveva colpito l’intero mondo conosciuto a quel tempo, facevano intravedere tempi bui.
Il Regno dei tre consoli, arrivato al termine del governo di Caius Cilius, lasciò intendere a soci e amici della palla a spicchi che non avrebbero potuto più portare avanti una simile titanica impresa.
Furono giorni di incontri, di tentate rifondazioni, di coinvolgimenti non senza apprensioni. Più passava il tempo e più personaggi e interpreti della storia dell’ultimo decennio comprendevano che forte era il rischio che quella disputata poteva essere l’ultima manifestazione della gloriosa società praenestina. Ormai pochi giorni e, se non si fossero trovate le assicurazioni importanti di poter iscrivere al prossimo campionato la squadra, si sarebbe assistito alla fine di una storia quasi cinquantennale. I poveri amanti del gioco della palla a spicchi non furono colti impreparati ma erano quasi disarmati di fronte ad una catastrofe così imminente. Ma fu proprio in quel momento che l’eruzione del Vesuvio distrusse la città e il suo circondario. Nulla si poté fare contro un cataclisma imprevedibile che segnò la fine della avventura sportiva di tantissimi uomini e donne della città di Praeneste. Se per Pompei ci vollero quasi 18 secoli per far tornare alla luce i resti della sua vita quotidiana la speranza è che almeno per Praeneste basti molto poco: il tempo che ci separa dall’iscrizione al campionatus 2011-12 con qualche Console in più e qualche pro-console in … pensione.
(agafor)
PS il latino “macchenoricus” è solo per far divertire, senza voler scomodare la vera lingua latina e le sue desinenze.